Dal fumetto al film, immagini in movimento: Il Corvo (di A. Proyas, 1994)


Tra le mie passioni, oltre alla musica, al cinema e alla letteratura, c'è il fumetto. A dire il vero, tanti anni fa, ero quasi ossessionato da questa forma d'arte che in Italia viene ancora considerata di serie B. Ne leggevo a non finire, americani o giapponesi non importava, ne ero rimasto quasi stregato senza neanche accorgermene. E' stato proprio quando ero un ragazzino che, tra le mani, mi capitò un albo molto interessante ma che non compresi a pieno e che, solo dopo molto tempo, riuscii veramente ad apprezzare e amare: si tratta di The Crow (Il Corvo). 

Era il febbraio del 1989 quando, in America, la Caliber Press pubblicò il primo numero di questa miniserie destinata a scatenare l’interesse degli appassionati di fumetto di tutto il mondo.
L’autore, James O’Barr, aveva disegnato le prime tavole di questo capolavoro nel 1981, quando era a Berlino stanziato con il corpo dei Marines. 
La pubblicazione di The Crow, sospesa per il fallimento della Caliber, fu continuata dalla Tundra di Kevin Eastman, che la rieditò nel '91 comprendendo anche l'inedito ultimo capitolo (Morte).

Il Corvo è un opera underground e violenta, citazionista (da Baudelaire ai The Cure, dai Joy Division a Edgar Allan Poe, quest’ultimo fin dal titolo) che racconta una storia di amore e di odio, di morte e dolore, una cupa favola dark dal carattere estremo e dal disegno nervoso. Un fumetto duro e indigesto che però non rinuncia ad una forte componente melò di struggente impatto emotivo.

Nel 1994 fu adattato per il grande schermo dall’esordiente Alex Proyas (regista del bellissimo Dark City).


La storia del film - che in molte parti differisce da quella del fumetto - è quella del musicista rock Eric Draven (si legge “the-raven”) e della fidanzata Shelly Webster (Sofia Shinas), uccisi brutalmente la notte prima di Halloween da una banda di criminali. Un corvo riporta in vita Eric dandogli poteri sovrannaturali che gli consentiranno di realizzare la sua vendetta e di riunirsi in pace con la sua amata.

Il Corvo è un film cupo e piovoso, che vira prepotentemente verso i toni più scuri, caratterizzato da una narrazione di tipo lineare, interrotta di tanto in tanto da brevi flashback carichi di pathos.
Una voce narrante apre il film e lo accompagna nei passaggi fondamentali fino al finale, non il solito happy ending ma un “vissero felici e contenti” di stampo più shakespeariano.

I personaggi si muovono in una città fantasma roccaforte di crimini e depravazione, vera e propria protagonista del film, nettamente divisi tra buoni e cattivi, suddivisione tra cui il personaggio del Corvo si muove in maniera agile e dinamica.

I buoni sono o martiri (la piccola Sarah, narratrice della storia e amica della sfortunata coppia) o persone inserite in un sistema marcio e corrotto che non possono cambiare (Albrecht, l’unico poliziotto ad aver cercato di risolvere il caso dei due giovani, che aiuterà Eric nella propria missione).
Al contrario, i cattivi si muovono in questo teatrino degli orrori come uomini sporchi e infelici, e su tutti si erge la figura di Top Dollar (Michael Wincott), il mandante e antagonista, boss dall’animo oscuro, marcio fino al midollo, specchio di una società senza speranza, più nera della notte. 


La componente melò del fumetto, solo accennata e che percorre quasi sottopelle l’intera opera, è indubbiamente elemento portante di questo film divenuto cult in pochissimi anni. L’amore che non si consuma, che non muore mai, che continua a bruciare anche dopo la morte, è tema fondamentale della pellicola di Proyas, parallelo a quello della vendetta, nel film meno cruenta e sadica che nel comic.
Questo fattore non ha fatto altro che rendere il lungometraggio più appetibile e fruibile dal grande pubblico, stemperando la cattiveria e rendendola più cool e al passo coi tempi (stiamo parlando degli anni '90).
Anche la fotografia patinata contrasta con le atmosfere dark e malsane che il film vorrebbe raccontare, rendendo la pellicola intellegibile e mai eccessiva, forse esageratamente teen e adolescenziale, addirittura political corret.

Il personaggio di Eric (interpretato da Brandon Lee) possiede tutte le caratteristiche del bello e dannato,  musicista metal con l'animo del bravo ragazzo, innamorato e felice, ottimista e fiducioso nel futuro (“Non può piovere per sempre”, frase tormentone del giovane, è un chiaro esempio del suo modo di vedere la vita). Un personaggio che dopo “trenta ore di sofferenze” si trasforma in angelo vendicatore, non l’antieroe senza scrupoli e coscienza del fumetto ma eroe violento eppure ancora in grado di distinguere e scegliere tra bene e male.
Persino la follia del personaggio cartaceo, sottile e colta schizofrenia che spesso sfocia in sadismo e masochismo, viene colpita da un’holliwoodizzazione intransigente, che ne smussa gli angoli più acuti.


Al di là dei numerosi difetti e delle tante facilonerie, dovute per lo più ad una sceneggiatura non all’altezza, che ricalca gli stereotipi del caso, Il Corvo resta un film indimenticato e indimenticabile. La regia di Proyas non eccede in barocchismi, è concreta e intensa nei passaggi chiave anche se acerba; il montaggio è forsennato, le scenografie richiamano quelle del primo Batman burtoniano mentre la bella colonna sonora punk/ghotic (The Cure, Nine Inch Nails, Rage Against the Machine) sottolinea bene le atmosfere del film.

L’alone di cult che l’ha caratterizzato ancor prima dell’uscita, fu però indubbiamente dovuto al tragico episodio che ne segnò la storia e la lavorazione: la morte improvvisa di Brandon Lee, il 31 marzo del 1993. Mancavano ancora tre giorni alla fine delle riprese.
La morte del protagonista, al di là dell’aura di mistero che la circonda, causò non pochi problemi alla produzione, che dovette ricorrere a scene tagliate e a montaggi digitali per sopperire alla prematura mancanza. “L’incidente” causò una perdita di 8 milioni di dollari, ma il film ne incassò più di 50 solo negli Stati Uniti.

Nonostante il confronto tra fumetto e film sia impari e impietoso, ho molto amato anche la pellicola di Proyas. L'opera cartacea è dolorosa come poche cose al mondo, fa rivivere lo strazio del protagonista e ci fa penetrare nella sua mente sconvolta dalla morte e dai ricordi. Il film in questo non riesce completamente e forse un po' di rammarico resta... giusto il tempo di immergere nuovamente gli occhi bagnati di lacrime nei disegni schizzofrenici di O’Barr.






Trovate questa recensione, con qualche passaggio differente, su www.filmscoop.it

Commenti

  1. Il fumetto è davvero un capolavoro. Il film, vabbè, ha segnato la mia adolescenza: avevo 14 anni quando è uscito al cinema ed è stato veramente un oggetto di culto.
    A distanza di anni ne vedo tutti i difetti possibili e immaginabili, che tu sottolinei molto bene, eppure provo ancora un grande affetto per lui.
    Tuttavia, credo sia comunque un prodotto invecchiato piuttosto bene, che per ragioni produttive ha prediletto il lato romantico a quello violento, più spiccato nel fumetto.
    Bei ricordi entrambi.

    RispondiElimina
  2. In pratica la penso in maniera identica alla tua. Io il fumetto lo amo. Sono strette allo stomaco ogni volta che lo leggo. Quando vidi il film ero persino più piccolo di te, quindi immagina l'effetto che mi fece.

    RispondiElimina
  3. ho capito che sono il più anziano,avevo 16 o 17 anni quando questa pellicola arrivò sui nostri schermi.
    Mi piacque,ora non so.
    Comunque è una di quelle opere cinematografiche che fanno parte della formazione di almeno una generazione,(di fenomeni come canterebbero gli Stadio)

    RispondiElimina
  4. Quel film ha coinvolto almeno un paio di generazioni, a quanto pare :D e "non può piovere per sempre" è sicuramente stato un tormentone per tutti noi. Comunque se non hai letto il fumetto ti consiglio di rimediare: capolavoro ;)

    RispondiElimina
  5. si,lo leggerò.La cosa buffa è che ho moltissimi amici grandi appassionati di fumetto,sono pure andato a una cena con dei fumettari bravissimi che lavorano per la bonelli e altre case,ma a me il fumetto non mi ha mai conquistato.Così,come molta gente non ama il balletto o l'opera.
    Ma per il Corvo farò un'eccezione!^_^

    RispondiElimina
  6. Per me è un capolavoro non solo del fumetto, ma della letteratura in generale.

    RispondiElimina

Posta un commento

Info sulla Privacy