[Recensione] La Stirpe del Male (di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, 2014)


Oramai il found footage è arrivati alla frutta. Il che rende noi italiani innovatori e colpevoli allo stesso tempo, visto che questo stile (o tecnica) è stata "inventata" da un italiano DOC, Ruggero Deodato, che col suo Cannibal Holocaust ha fatto scuola. Un esperienza che condizionò il lavoro di due giovani film-maker (Daniel Myrick e Eduardo Sanchez) che nel 1999 uscirono e sconvolsero (più dal punto di vista sociologico che da quello cinematografico) il mondo con il loro The Blair Witch Project. Ma dovremo aspettare il 2007 per l'espansione a livello virale di questa tecnica low budget che dovrebbe puntare tutto su un realismo in grado di far sentire lo spettatore a disagio pur al riparo della propria quotidianità. Dovremo aspettare Oren Peli e il suo Paranormal Activity per renderci conto del dilagare del mockumentary attuale con la scusa, soprattutto in ambito horror, del rilancio di un genere la cui morte (commerciale) viene dichiarata un anno sì e l'altro pure. 

Il problema, però, è che col mockumentary anche i più promettenti tra i registi rischiano di fare una brutta figura. Un esempio dovrebbe essere Ti West (non ho ancora visto il film) con il suo The Sacrament, un altro esempio sono la coppia Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett che, partecipando ad uno dei film manisfesto del genere, si erano fatti notare su V/H/S 2 con il miglior corto della serie. Ed eccoli i due, a un anno di distanza, esordire ufficialmente alla regia di un lungometraggio con Devil's Due - La Stirpe del Male. Una pellicola che fonde la tematica di possessione demoniaca a quella della nascita dell'Anticristo, ma a livello casalingo. Praticamente un Rosemary's Baby che incontra Paranormal Activity. Con risultati disastrosi.


Due sposi, dopo una misteriosa notte in luna di miele di cui non hanno alcun ricordo, si ritrovano con una gravidanza prematura. Il marito registra i momenti successivi notando uno strano cambiamento della moglie che inizialmente attribuisce a sbalzi di umore. Col passare dei mesi però risulta evidente che gli oscuri cambiamenti fisici e mentali abbiano un'origine molto più inquietante. (da Wikipedia)

Se volessimo sintetizzare una pellicola come La Stirpe del Male basterebbero due parole: la noia.
Perché di questo si tratta quando parliamo di un film in cui non succede praticamente niente. Ma niente di niente. E lo dice uno a cui il film di Peli aveva fatto cagare nei pantaloni. Lo dice uno che, preso di sorpresa, ancora si spaventa. Cosa che è impossibile fare guardando questo film di Bettinelli-Olpin & Gillett. E tu ce la metti proprio tutta per entrare in modalità film horror, fai qualunque cosa, ci provi davvero, ma non ci riesci perché l'unico vero orrore in questo film è il film in se. Che se poi facesse veramente schifo sarebbe tanto di guadagnato. E invece nulla, il buio più totale e una (e dico una) sola scena interessante. Una sola in 89 minuti di film che sembrano un'eternità.


Bisogna ammettere che i due registi fanno quello che nessuno si aspetterebbe: non si interessano ai classici spaventi telecomandati - se non un paio di volte. Tentano invece l'approfondimento dei personaggi e si concentrano sulle atmosfere, cercando di giocare la carta del found footage in maniera intelligente. Peccato che tutto sappia di visto e rivisto, che non ci sia originalità né nella storia né nella tecnica di ripresa. Peccato che lo spettatore faccia fatica ad entrare nel film a causa di comportamenti oramai fin troppo scontati e palesemente finti e di effetti speciali che neanche Il Signore degli Anelli. Peccato che manchi la componente psicologica che era stato in grado di dare Polanski, tentata dai due ma  - per ovvie ragioni pratiche - impossibile da attuare fino in fondo. Perché manca una vera e prorpia indagine sull'argomento, una vera e propria presa di posizione. Una poetica. E quindi, al di là di una storia d'amore che porta il film verso i territori dell'horror melò non c'è qualcosa che valga la pena di salvare.


Tutto, alla fin fine, sembra vittima del caso in La Stirpe del Male. Quasi si fosse proceduto a tentativi o la scenggiatura fosse stata appena abozzata più che scritta. E questo mette in evidenza tutti i problemi di un genere divenuto moda: una superficialità tecnica (perché basta poco, basta posizionare un paio di telecamere e filmare) alla superficialità narrativa. Come si fa a costruire la tensione attraverso riprese  traballanti e comportamenti irragionevoli? O sei Balaguerò o Levinson e ti puoi permettere una certa uniformità ai classici stilemi del genere, oppure devi andare lì dove nessun'altro si è spinto prima, osare, rischiare. Ma i rischi che Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett si prendono sono nulli. E uno che non li conosce si annoia, e uno che li conosce ci rimane pure un po' male perché i due evitano di fare proprio quel che avevano fatto in V/H/S 2. E allora meglio aspettare, forse, che questa moda del mockumentary sia passata. Se questo avverà (ma avverrà di sicuro) sempre che sia possibile resistere al fascino di un film horror al cinema, bello o brutto che sia.

CURIOSITA': mi sa che è stata messa più fantasia e più impegno nella campagna (virale) per la promozione del film che nel film stesso. Guardate come è stata fatta pubblicità al film in giro per New York:

Commenti

  1. un filmetto, ma rispetto ad altri mockumentary non mi ha nemmeno infastidito più di tanto.

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    1. A me ha infastidito la mediocrità. Potevano e dovevano, per me, osare di più.

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  2. anche io da loro mi aspettavo di più anche perchè nel campo avevano detto qualcosa di buono...

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    1. Infatti, questo aveva creato aspettative esigue ma pur sempre aspettative.

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